martedì 27 giugno 2017

P.I.P. (Pisciare In Piedi)


LA MATRICIANA MIA

Soffriggete in padella staggionata,
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz’etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arotolata.
Ar punto che ‘sta robba è rosolata,
schizzatela d’aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.
Appresso er dado che jè dà sapore,
li pommidori freschi San Marzano,
co’ un ciuffo de basilico pe’ odore.

E ammalappena er sugo fa l’occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de prescia li spaghetti.

(Aldo Fabrizi)
Rodello. Parte seconda.
Alle 15.30 ho la prima seduta di logopedia con Rossana (Daniela e Rossana saranno le due logopediste che mi seguiranno durante queste che dovevano essere 8 settimane). Mi muovo in sedia a rotelle, mi dà fastidio che Giulia sia così “presente”, anche se capisco che lo faccia perché mi vuole bene, io sono una persona che ama l’indipendenza, e più volte mi capiterà di innervosirmi con lei o chi mi sta attorno perché troppo premurosi nei miei confronti. Tante volte sono pure andato incontro a rischi inutili (cadute) per puntare i piedi a terra e voler affermare il mio diritto all’indipendenza. Credo che la cosa più difficile in una cosa come quella che stiamo vivendo noi sia proprio la dipendenza totale dalle altre persone. Non puoi stare da solo per il rischio crisi epilettiche, non puoi muoverti con l’auto se non accompagnato, non puoi guidare, anche perché con una gamba paralizzata non vedo come potresti fare, non puoi nemmeno decidere se farti una doccia o meno all’inizio. Per pisciare hai bisogno di qualcuno che ti porti il pappagallo, tanto che appena ho potuto ho chiesto a mio fratello di tenermi in piedi per farmi finalmente pisciare “dall’alto”, e non sapete che soddisfazione; appena ho imparato ad alzarmi dalla sedia a rotelle, anche solo per starci in piedi davanti, la prima cosa che ho fatto è stata andare in bagno e pisciare finalmente da solo in piedi. Per lavarti i denti hai bisogno di qualcuno che ti spazzoli i denti al posto tuo, pulirti il culo con la mano sinistra è un delirio, non parliamo del mangiare una cosa che si deve tagliare, non puoi uscire dalla clinica se non con un permesso che devi richiedere al medico, non puoi svegliarti quando hai voglia tu, e farlo per dei mesi compresa la domenica può diventare fastidioso. Metterti le calze con una gamba fuori uso può essere molto complicato, la cosa più complicata del mondo se poi anche la mano destra non collabora, la cosa più complicata dell’universo se hai anche la caviglia e le dita dei piedi che, seppur sensibili, non lavorano, idem le scarpe, idem un paio di pantaloni, non puoi più andare a ballare il sabato sera (anche se non l’ho mai fatto mi dava fastidio pensare che non potessi farlo), non puoi prendere dei lavori che vorresti fare, non puoi studiare, comunicare una cosa banale diventa una fatica.


Da Alba mi avevano lasciato senza dirmi che non avevo più la terapia al mannitolo, che serve a smaltire l’infiammazione, e che facevo tutte le sere. Dunque il mannitolo agisce ancora per sette-otto giorni da quando lo sospendi, la sua azione è essenzialmente diuretica, e viene usato in corso di patologie acute per eliminare edemi gravi, nel mio caso al cervello. La somministrazione via flebo avveniva al mattino e alla sera e l’effetto del mannitolo era l’urinare (pisciare) più volte durante il giorno e la notte, tanto che se sei allettato, o al massimo in carrozzina, devi farla in un pappagallo (e centra tu il becco), poi chiamare l’infermiere di turno che te lo svuoti. Il tutto per la gioia del tuo compagno di stanza. Allora, torniamo al fatto che dall’ospedale di Alba mi avevano lasciato senza dirmi che avevano sospeso il mannitolo, e che non sapevo che il suo effetto durava ancora giorni dalla sua sospensione, e che sapevo invece di avere un edema particolarmente importante al cervello. La prima sera a Rodello chiedo all’infermiera se avessero dimenticato di farmelo. Lei chiama il dottore di turno, che arriva (canottiera e camice aperto...) e mi chiede ad alta voce e scandendo le parole quale fosse il problema. Gli dico che può benissimo parlare a voce normale e anche veloce, che non ho problemi a capire ma solo a produrre. Però ci metto tanto a dirglielo. Provo a spiegare, con difficoltà, dato che sono in ansia, stanco, e preoccupato, e chiedo (inutilmente) che venga chiamato il dottor Tatoni. Mi sento abbandonato…
La mattina inizio logopedia con una “protesta”, (si ho detto proprio "protesta", ma non mi venivano in mente altre parole. Meno male che Daniela è una persona intelligente e che capisce il mio stato di agitazione). Vengo tranquillizzato, fa due telefonate, mi spiega che da Alba avevano scritto di sospendere il mannitolo, e così cominciamo le valutazioni, che dureranno fino a venerdì. Racconto (a fatica) quello che mi è successo. Lo farò tante volte, tanto che ogni volta provo meno dolore, una sorta di elaborazione, verbalizzare “afasicamente” non è facile, ma fa bene. Poi ho l’incontro con il fisioterapista Daniele, che mi dirà che ci vorranno due mesi per rimettermi a camminare, che non sa se recupererò l’uso del piede ma che tornerò a camminare. Mi piace la sua determinazione e il suo modo di fare, mi ricorda il mio allenatore storico di atletica leggera. Alle 11.30 arriva Giulia, per il pasto ho ancora bisogno di una mano (nel vero senso della parola), le racconto la storia del mannitolo e le chiedo di sentire il dottor Tatoni per avere la conferma che mi abbiano sospeso la terapia. Accendo il telefono, senza internet, per la prima volta dall’operazione. È una sensazione strana, ho deciso di tenere spento il cellulare dal giorno dell’operazione e dirottare tutte le chiamate, i messaggi, a Giulia.  

La giornata a Rodello è scandita in maniera ordinata ed “ecclesiastica”: alle 6.00-6.30 sveglia con consegna medicine. Alle 7.00 arrivo colazione e “abluzioni”. Ore 8.00 logopedia. Ore 9.30 fisioterapia. Ore 10.30-11.30 pausa lettura o sonnellino. 11.30 pranzo. Ore 12.30-14.00 sonnellino. Ore 14.00 logopedia. Ore 15 terapia occupazionale (con Lygia). Ore 16.30-18.30 incontro con visitatori. 18.30 cena. 19.30 consegna medicine. Ore 20.00 camomilla. Se poi calcoliamo che per gli spostamenti in carrozzina ci va almeno un quarto d’ora, per lavarsi in bagno quando non “c’hai su la mano” ti ci va almeno un altro quarto d’ora, per poi prendere l’ascensore che ti porta alle palestre devi aspettare anche 5 minuti perché sempre occupato… Devi calcolare tutto al dettaglio. All’inizio poi con una mano che lavora meno bene dell’altra continui a girare su te stesso, e continui ad aggiustare il tiro, e ti muovi lentissimo. Tanto che ti fai portare dall’operatrice tutte le volte che puoi. Per poi, in uno scatto felino di volontà di indipendenza trovarti in corridoio a “fare le prove” su come muoverti da solo, su come regolare i muscoli affinché ti portino dritto all’obbiettivo, e così facendo ti ritrovi in una settimana di allenamento ad essere meglio di Alonso e Räikkönen assieme e poter dire addio all’operatrice e muoverti indipendente tra le corsie, le palestre, gli ascensori di Rodello. Poi finisce la giornata con la visione di un film sull’I-pad. Poi le ultime 4 settimane mi farò portare la tastiera da mio fratello e a questo orario aggiungerò dalle 6.00 alle 7.00 lo studio del pianoforte. Il metodo Hanon a manetta per il recupero della mano destra. Qui ho scritto la gran parte delle musiche del mio nuovo disco, che, per non sbagliare ho chiamato: “With a star in the brain”... E poi tanti libri, per il recupero del lessico e per piacere personale…
Ora su Rodello convoglierò tutte le storie in un’unica grande parentesi. Non ci saranno racconti giornalieri, perché è stato un grande cammino in continua evoluzione, già dopo il primo fine settimana a detta di Daniela (la logopedista) avevo fatto un grosso passo avanti, in maniera del tutto autonoma, grazie alla lettura e alla volontà. Il mio motto era, patetico lo so ma non mi importa, l’alfieriano “volli, volli, fortissimamente volli”, e lo applicavo a tutto, anche alla ripresa della scrittura, agli esercizi in palestra, al pianoforte, ed era un continuo esercizio. Anche la notte, quando mi svegliavo (e mi svegliavo ogni due ore) era tutto un esercizio, la mano, la gamba… “Sai Daniele, stanotte sono riuscito a fare questo e quest’altro, mi si è riattivato il tale movimento o il tale muscolo…”: erano frasi tipiche di quel periodo! Sempre in maniera entusiasta mi affacciavo alle nuove giornate con le loro sfide, tanto che provavo imbarazzo di fronte ai tanti musi lunghi e rassegnati che incrociavo. Ma eravamo una bella squadra, io, Marco, l’altro Marco, Lorena, Renato, Giacomino, Teresio, Leo, Viviana, Maria. Tutti col sorriso stampato in faccia e con tanta voglia di farcela. Chi era lì “solo” per una protesi all’anca e chi gli avevano dato un mese di vita 13 anni prima, tutti nella stessa barca: Rodello. Era un “tifo” unico: “vai forte!”; “dai, dai!”; “non demordere!”, e devo essere sincero, tanto mi han detto e tanto ho incitato io che forse la terapia ha dato i suoi frutti anche per questo. Se si fosse stati ognuno per sé, incazzati per quello che ti era successo, ingolfati su pensieri negativi, forse questo periodo non sarebbe passato tanto in fretta e con tanti risultati.
Diciamo che i pensieri negativi trovavano spazio quando, all’ora di colazione, pranzo e cena, mi vedevo arrivare porzioni uguali a quelle che avrebbero dato ad una vecchia di 40 chili. Tanto che ero costretto ad integrare con pane nero, che mi portava quotidianamente Giulia, biscotti o torte fatte sempre da quella santa donna, frutta di cui facevo incetta a casa la domenica, e una quantità indescrivibile di grissini con il cioccolato. mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm.
 Ora con Renato, il mio compagno di stanza con cui formavo il duo “la strana coppia”, ci eravamo messi d’accordo per “imboscare” quanti più pacchetti possibili di grissini, per le emergenze. Renato poi si faceva portare dalle figlie chili di lardo e formaggio, e io da Giulia biscotti senza zucchero (Renato è diabetico), torte con farina integrale, cioccolato fondente: tutti generi di scambio approvati alla borsa nera di Rodello. Se non ci fosse stato lui credo proprio sarei morto di fame... ce la intendevamo bene poi, io, lui e Maria facevamo tante di quelle risate che non vi dico!
Parentesi.
A Rodello ho anche scritto delle poesie. Eccole. Senza voler fare il poeta.

Pensierino serale
Radi capelli d’anziano
paiono gl’alberi
sulla costa della collina
in langa.
Come pezzi d’un annoiata
partita a scacchi
pronti a dare
l’ennesimo matto.
Stanno lì,
saggi,
e guardano la vita
sfrecciar loro
di fianco
a bordo d’una rumorosa,
quanto incurante
d’Essi,
motocicletta.

Sipario
Quinte,
scenografie di cartone,
strappi neri su fogli blu
scuro
sembra la corona delle alpi
stanotte.
E in un teatro sociale
M’immagino di stare,
muto spettatore,
osservante rassegnato
il campanile di Diano,
unico punto,
fisso, immobile, immutabile,
e in ascolto
non con meno rassegnazione
dei rintocchi di quello
di Rodello,
così ipotetici,
che ogni volta ti chiedi:
“sarà Diano?”
così spigolosi,
così annoiati,
“no, per quelli
c’è tempo…”

E poi,
d’improvviso
ti rendi conto
di essere l’attore,
e per di più quello principale,
e che reciti a soggetto.
E allora quelle quinte,
quella luna
che finalmente tramonta,
ti fan da riparo,
da abito,
e reciti muto
senza aspettarti
l’applauso finale.
Se guardi in sala
Quando s’accendono le luci
Tutti stanno dormendo,
mentre tu:
distinto,
gentile,
dolce;
ti levi le scarpe
e senza far rumore
t’inchini
e te ne vai via.

Sorge la notte
Sorge la notte.
Nella città s’accendono le luci,
con supponenza
giovani s’accalcano. Vanno.

Io guardo ubriaco
tutte quelle storie,
quelle dimenticanze,
quella furba ingenuità.

Ed è solo
con l’odore della morte
che si comincia
a pensare alla vita.

La luna d’Alba
Le luci d’Alba
mostrano come un faro
la terra ferma.
La Vita.

Io naufrago.
Io navigante.
Io esploratore.

“Un’opportunità di crescita”.
Mi ripeto:
“Un’opportunità di crescita”
che mi costringe ad una guerra,
che mi costringe ad una resistenza:
“un tumore al cervello.”
Secco,
senza possibilità di aver capito male,
come la lettera
che ti chiama
alle armi.
O così me la immagino.

Ma nello stesso modo
la sicura risposta:
-PAURA-


Seconda parentesi. Logopedia artistica.
Tra gli esercizi di logopedia ce n’era uno che ho trovato divertentissimo, e consisteva nel creare frasi (anche non-sense) tutte con parole che hanno la stessa iniziale. Erano ammessi solo articoli o preposizioni con altre iniziali. Ecco le più belle e divertenti:

  • All’aldilà Alberto avrebbe alzato alti anziani;
  • Alessio ad Alassio adesca abbastanza agilmente algide adolescenti;
  • Adesso ad Alessandria Alessandra l’arpista addestra, anzi ammaestra animali ad ammassare alle alpi Apuane altolocate agavi, aristocratici avi, anche antiche anche;
  • Agush ad Anzio avrebbe anche annoiato Alberto ad andare agli aeroplani, Alberto anzitutto avrebbe almeno azzardato allietarsi all’altalena;
  • Berto Bugatti beveva birra bianca buonissima. Bella, bionda, Berty ballava: “Balla Bella che bollo e bollisco!!!”, balbettava bieco Berto Bugatti… briccone!;
  • Bartali batté Bignami ballando. Burrascosamente, banalmente Bignami belava: “bravo Bartali!”;
  • “Beatrice, bella bambina… Bombardare bambole…”;
  • Bombolo bramava bambole. Bastavano bozze, bidoni, budini, bigodini, bestie belanti, bufali, brufoli, bastavano e Bombolo brandiva bastonate;
  • Carlo cercava camuffato compagni con cui cacciare. Cacciava cervi, con cani, con calma cercava. Col cuoco Carlo cucinava, chiacchierando;
  • Col cucù che canta canto. “Cos’è che canti cucù? Che cantoni conti? Con che cosa carezzi Candida?”;
  • Christian, cinese con china cinematografica, conta cuccioli di cani, con cui cenerà;
  • Chiamami cara, con cura, con creanza, con calma. Conta che comunicherò col culo…;
  • Elisa è estetista ed elettricista. Esiste esclusivamente ergendosi elemosinando elogi;
  • Evaristo era ed è entomologo, entra ed esce ed esige esche esatte;
  • Ed è Elia, eccolo, ennesimo esempio di estremista estetico;
  • Francesca fa finta fra fresche frasche di felce, la fanciulla fumava finte foglie di fico;
  • “Folaghe, forti folaghe, fatate folaghe, fatevi forza fino alla fine!”;
  • Federico, fante a Forlì, fuggiva facendosi forza fino a Firenze fiero di Francesco;
  • Figli, fieri fiori, fatti fuori fra fumosi e fangosi fiumi;
  • “Frena!!!”, fumando fece forza fintanto che Fulvio frenò;
  • Guascone germanico Gustav gustava grandissime ghiande galvanizzanti;
  • Giorgio gettava gatti gemelli giù dalla gru;
  • Ilaria ironizza ilare sull’irsutismo di Ilario;
  • Irritante Irma, infine infilata, insospettabilmente illibata… immacolata;
  • Infermiere infilano intelligentemente innocui ed innocenti Inuit;
  • Ilona infiammava irrimediabilmente irti imeni;
  • Luca, lumaca laconica, levava lombrosiane lacrime a Leandro;
  • La luce lampeggiante lasciava la lenta lenticchia lacunosamente in laguna;
  • “Leoni; Lumache; Lamprede; Leocorni… Leocorni? LEOCORNI!?!?”;
  • La larva lavorava la lana, levava la lava, leccava le lingue, leggeva leggera leggerezze lungo la luganiga in Lunigiana con Luigina, la lumaca lieta, Luca, il leone lento, e Ludovico, il limone lungo;
  • Meme menava membri che manco Moana…;
  • Mentre meschino il micio mongolo miagolava Martino e Mauro menavano manubri in mancanza di membri;
  • Michele mi manda mero manichino a Milazzo;
  • Per Pietro potevano pure potare quei pini;
  • Paolo pesca pesci, papere, palombari, poi per poterli preparare pela pure pellicani;
  • Quando querce querule quaglieranno queste quattro quacquere querule quadreranno;  
  • Provai a parlare prosodicamente ma perpetravo pena;
  • Ruggero ruggendo col registratore registrava re romani, riuscendo raramente a registrare il rombo del rinoceronte rincoglionito che ricoverava Ringo, la ranocchia reumatica;
  • Riccardo ricostruiva rarità rubate, Renato reagiva recandosi a Recco;
  • Ratti e rondini rubavano reti rotte da razzi, per ripararle con rododendri e ribes rossi;
  • Simone saltava sul sofà salutando salubri svedesi, si svestivano, sensualmente stavano stese… Simone, sguardo sornione, sveniva, Susanna, svedese strana, Sara, svedese soave, somministravano subito il siero per il sonno. Simone subito si svegliò, si svestì, scopò Susanna, snobbando Sara, che si suicidò. Simone sposò Susanna;
Serpi stavano stese sopra soffitti segreti. Stufandosi si sfidavano al “siero secreto”.

sabato 24 giugno 2017

La partenza per Rodello

Il 4 giugno vengono Elisa e Simone da Padova. Gioco con Simone al gioco delle associazioni, gioco logopedico che prevede l’associazione di parole per idee, tipo: “film, regista, Monicelli, Parenti serpenti, mamma, donna, ragazza, bambina, cartoni animati, cartoni per imballaggi, spedizione, polo nord, neve, sci, impianto sciistico, impianto elettrico, lampadina, idea…”. È il mio gioco preferito al momento e lo impongo a qualsiasi persona venga a trovarmi. Dai miei parenti a Giulia. In più Simone e Elisa ci procurano delle biglie e dei dadi, con cui mi metto a fare esercizi per la mano con mio fratello e Giulia. In pratica devo spostare tenendo tra le dita le biglie o i dadi nei bicchierini delle medicine. È una gioia, e al tempo stesso una pena, pensare a questa mano, tanto perfetta prima quanto impacciata adesso. La devo recuperare al più presto.
Domenica 5 riceviamo la visita di Christian e Roberta. Scasso con il gioco delle associazioni anche Christian. Ed alzo la gamba.
Lunedì 6 la logopedista Alicia mi visita, e anche lei si dice fiduciosa. Si tratta di un’afasia transcorticale dinamica. I miei vanno a casa. Che è a 200 km da Alba. Io provengo da Cannobio, in provincia di Verbania, sul lago maggiore, in Piemonte sul confine svizzero. Mi fanno una TAC, e il dottor Bosco dice che l’edema sta riassorbendosi. Posso andare a Rodello. Verso l’ora di cena incontro Paola, la sorella di Giulia, e Nicolò, mio nipote. L’incontro con Nicolò è stato emozionante. Nicolò ha dieci anni, ha avuto problemi di disfonia da piccolo, non riusciva a parlare ed è stato in cura da una logopedista per anni. Quando gli ho spiegato (o cercato di farlo) quello che avevo, mi ha guardato e mi ha tranquillizzato dicendomi “eh lo so, ti capisco benissimo, anch’io ho avuto gli stessi problemi, ma poi passano, vedrai… ” dandomi una pacca sulla spalla. Era l’unico che poteva capire la mia frustrazione in quel momento, perché l’aveva vissuta su di sé. Non mi aspettavo una reazione tanto matura da un ragazzino di dieci anni, tanto che mi sono commosso e l’ho ringraziato.

“Finalmente la corriera per Rodello. Era una corriera delle prime, tutta spigoli e con la portiera sul didietro, e l’autista era poco meglio di un carrettiere. Con Toni si conoscevano perché si parlarono da mezzi amici, mentre quello da sulla predella forava i biglietti”.
(Fenoglio, incipit del racconto “Ferragosto”)

Rodello.

Martedì 7 giugno vengo portato a Rodello. Rodello è un ameno paesino su una collina vicino ad Alba, dista più o meno 30 minuti da casa dei miei suoceri.

Mi accoglie la dottoressa Decarlo, una fisiatra, e la logopedista Daniela. Con la dottoressa Decarlo ho una rivelazione. Una delusione pazzesca. La mano da tre giorni ha ripreso a lavorare, non dico come prima, ma da riuscire a firmare, o per lo meno scrivere nome e cognome, questo sì... Pensavo, per lo meno. Invece non mi ricordo più come si fa. È stato un momento bruttissimo. Avevo dimenticato come si scrive. È terribile sapere che sapevi fare una cosa e poi d’improvviso scoprire che non la sai più fare. L’ultima volta, ricordo, avevo firmato nello studio del dottor Mercatali la sera prima dell’operazione, il foglio che diceva che mi era stata spiegata in maniera esauriente tutta l’operazione e i rischi che comportava. Sapevo come farla. Ora invece mi sentivo un analfabeta. Perché riuscivo a leggere senza problemi e a scrivere invece no? Era in qualche modo legato alla mia afasia? Era un problema semplicemente legato alla coordinazione dei movimenti fini della mano? Nel lobo fontale sinistro si trova anche tutta la parte legata alla scrittura (mentre nel destro è quella del disegno), che ci fossero un po’ andati “lunghi”? Io ho recuperato prima la mano perché ho delle mappe mentali che grazie alla musica sono più vaste (e prova ne è che con la gamba ad oggi dopo 2 mesi dall’operazione non ho ancora ripreso l’uso di caviglia e dita e il bicipite femorale lavora un po’ come gli pare a lui, mentre con la mano suono il pianoforte come prima, ovvero come un bambino alle prime armi, ma lavora già meglio della sinistra su un metodo come l’Hanon, per chi lo conosce), però per quanto riguarda la scrittura, che è una capacità a sé, non avevo mappe se non quelle che hanno tutti i comuni mortali, e quindi le avrei dovute reimpostare da capo. Era un bel compito. E anche se ero un po’ spaventato mi posi come primo obiettivo questo: avrei reimparato a scrivere. Anche meglio di prima (cosa abbastanza facile per altro visto che la mia grafia prima era, per dirla come direbbe mia mamma, a "zampe di gallina"). Prima in stampatello, poi in corsivo. E via con pagine di letterine come alle elementari!


Poi mi faccio portare dei libri, per rifarmi un vocabolario: Il partigiano Johnny, di Fenoglio; il Canzoniere, di Saba; Armi Acciaio e Malattie, di Diamond; qualche Maigret e un po’ di romanzi “cupi” di Simenon; Insospettabili gialli, di AA VV (regalatomi da Piera); il già citato Sogni di sogni, di Tabucchi (regalatomi da Luisa); Musicofilia, di Oliver Sacks, regalatomi da Giacomo che, saputo dell’anticipo del matrimonio, non si tirò indietro dal venire comunque ad Alba dalla Grecia, per poi ripartire per Bari, in aereo, rischiando che io quel fine settimana fossi irraggiungibile e in ospedale… quando hai degli amici così ringrazi il cielo... o la terra…
P.S. Meme mi aveva regalato anche due volumi dell'"omino bufo", ma mi sembrava di aver dato un'apparenza d'intellettualità troppo alta per dirlo!

AMICI MIEI

Quando ti prende la malinconia
Pensa che c’è qualcuno accanto a te.
Vivere non è sempre poesia,
Quante domande senza un perché!

Ma l’amicizia, sai, è una ricchezza,
è un tesoro che non finirà.
Metti da parte questa tua tristezza.
Canta con noi, la tristezza passerà.

Amici miei
Sempre pronti a dar la mano
Da vicino e da lontano:
Questi son gli amici miei.
Amici miei,
Pochi e veri amici miei.
Mai da soli in mezzo ai guai:
Questi son gli amici miei.
[…]


(Piero Montanaro. Musica di Remigio Passarino)







Un dono!

Solo perché uno ha un cancro non è che abbia sempre ragione. Cioè se Salvini avesse un cancro sarebbe pur sempre Salvini. Se Hitler avesse a...