martedì 4 luglio 2017

M.A. (Masturbazione Approvata...)

LA PURCE.

Una Purce sbafatora,
che ciaveva l'anemia,
pe' guarì 'sta malatia
succhiò er sangue a una Signora,
ch'a quer pizzico fu lesta
d'arzà subbito la vesta.
Dice: — Bella impertinenza
de venimme su le gamme!
Chi t'impara a pizzicamme?
Chi te dà 'sta confidenza?
Bada a te, brutta carogna,
se me capiti fra l’ogna... —
Ma la Purce impertinente,
che per esse più sicura
s'era messa a fa' la cura
da la parte de ponente,
ner sentisse di' 'ste cose
fece un zompo e j'arispose:
— Com'è mai che a un certo tale,
che te pizzica l'istesso
tanto forte e tanto spesso,
nun je strilli tale e quale?
Puro quello, a modo suo,
nun te succhia er sangue tuo?
Sai perché? Perché a 'sto monno,
speciarmente a le signore,
j'aritintica l'onore
solamente co' chi vònno... —
La Madama, a sentì questa,
calò subbito la vesta.

(Trilussa)

La crioconservazione del seme.
Eravamo pronti a questa evenienza. D’altra parte ci eravamo informati abbastanza sull’argomento, non perché volessimo nell’immediato avere un figlio, o una figlia, ma perché non volevamo ci si precludesse a tale possibilità per via della chemioterapia. Quindi quando abbiamo saputo dell'esigenza di radioterapie e chemioterapie abbiamo pensato di chiedere per la crioconservazione del seme, temendo in un effetto irreversibile. In realtà poi quando siamo andati dall’andrologo a fare la visita, ha confermato i nostri timori, consigliandoci caldamente di non cercare un figlio durante la chemioterapia e nemmeno nell’anno successivo, e di fare dei controlli in ogni caso prima, ma che, nel mio caso, con un tumore al cervello, la cosa sarebbe stata, verosimilmente, temporanea.
Quindi, nella più grande emozione, in pieno spirito collaborativo, e pieno di entusiasmo, mi affaccio alla prima masturbazione ufficialmente approvata della mia vita. Mi vengono date, in forma del tutto casuale, come se ce le avesse lì per qualsiasi altro motivo, delle riviste (chiuse in una cartelletta). E il dottore se ne va, consigliandomi di chiudermi dentro, e consegnandomi il “barattolino” dove avrei dovuto dimostrare la mia mascolinità, mi guarda pieno di speranze. Penso che non userò mai delle riviste che chissà quante mani hanno toccato. E in questo caso ancora meno. Mi lavo le mani e sono pronto. Primo problema, dove? Mettermi sul lettino, stare in piedi, appoggiato e basta? Scelgo il lettino. Secondo problema. Ho una mano, quella destra, “Federica”, che non collabora ancora. Sebbene possa fare affidamento sull’effetto ben noto al popolo maschile della famosa “mano dello sconosciuto” la cosa al momento mi inquieta e devo reimparare un gesto che da più o meno tre mesi non pratico più. Poi lo studio, asettico e per niente complice. Decido di aprire le riviste. Sono riviste che nemmeno dei camionisti berberi oserebbero sfogliare. Devo più volte capire da che parte si devono guardare perché sono così estreme che… ei funzionano! Vai. La mano collabora, anche se ha poca sensibilità e temo che quando dovrò riempire il barattolino mi possa giocare qualche brutto scherzo. Ma non ci penso e tiro dritto per la mia strada, pensando alla mia onorevole causa. Ecco, dove ho messo il barattolino?! Eccolo! Prendo la mira o “ce lo infilo”? Cielo tocco la plastica! No, aspetta! La mano non ti conosce più piccolo grande amore mio… Aspetta… Nooooo!!! Faccio talmente poco liquido da vergognarmi di me stesso. La frustrazione è alta. Ma mi lavo le mani, apro la porta, e aspetto fiducioso il dottore. “Dottore, basta?”. Lui da buon padre di famiglia prova a rincuorarmi dicendo che in ogni caso un secondo “prelievo” era previsto, che lo fanno tutti, che nemmeno l’ambiente aiuta, che il caldo. E così ci mettiamo d’accordo per un secondo “prelievo”, da farsi però direttamente in laboratorio, il lunedì successivo.

Il lunedì mi preparo come non mai. Non mi sono allenato alla clinica perché è necessario astenersi dal sesso e dalla masturbazione. Scherzo con mia moglie sul fatto di dover andare da Rodello a Torino per farmi una sega. Ho dormito bene. Ho fatto una bella colazione. C’è bel tempo. Tutto sembra presagire una buona performance. Alle 8 ci presentiamo al laboratorio. Si presentano due dottoresse e mi dicono con sguardo sornione che mi stavano aspettando. mmm quando mi viene detto così... Mi consegnano il solito barattolino, mi indicano un bagno dove poter dare il meglio di me, mi indicano le solite riviste (che in questo caso sono molte di più e ho potuto scegliere tra “poppe al vento” o “sederi selvaggi”, io mi chiedo pieno di stupore perché non riesca a trovare “dottoresse con fighe pelose”, ma poi lo trovo e passo oltre. I titoli ovviamente sono stati edulcorati per un pubblico delicato che penso sia quello che entrerà in possesso di queste righe…), e mi lasciano solo. L’ambiente è anche peggio dello studio, qui abbiamo un water da una parte, dove decido che mai mi sarei seduto, dall’altra un lavandino, poi la finestra con il suo davanzale, dove decido di appoggiare le riviste per farmi la... lasciamo perdere. Il caldo è micidiale, ma dato che siamo al piano terra non posso certo aprire la finestra. Mi do da fare con “Federica”, sono pronto, sono deciso a non mollare e non rifare gli errori dell’altra volta. Sono cambiato, ora sono maturo per una relazione duratura e soddisfacente per entrambi. Non mollarmi proprio ora, sul più bello. Vai il barattolino l’ho lì in bella vista. La mira è buona. Anche l’iniziativa non manca. E… Vai! Riuscito! Ora mi lavo le mani, chiudo le riviste nella loro cartelletta, mi rilavo le mani, e poi esco con il barattolino trasparente a mostrare a tutto il reparto che sono uomo. Consegnerò il contenitore con il liquido alle dottoresse che mi guarderanno insaziabili del mio fascino per l’ultima volta e me ne andrò con mia moglie sotto braccio e invidiata e odiata da tutto il reparto. Si, sono soddisfazioni.


Un dono!

Solo perché uno ha un cancro non è che abbia sempre ragione. Cioè se Salvini avesse un cancro sarebbe pur sempre Salvini. Se Hitler avesse a...