mercoledì 30 agosto 2017

MERDA



"Omè, maestro, che è quel ch’i’ veggio?",
diss’io, "deh, sanza scorta andianci soli,
se tu sa’ ir; ch’i’ per me non la cheggio.

Se tu se’ sì accorto come suoli,
non vedi tu ch’e’ digrignan li denti
e con le ciglia ne minaccian duoli?".

Ed elli a me: "Non vo’ che tu paventi;
lasciali digrignar pur a lor senno,
ch’e’ fanno ciò per li lessi dolenti".

Per l’argine sinistro volta dienno;
ma prima avea ciascun la lingua stretta
coi denti, verso lor duca, per cenno;

ed elli avea del cul fatto trombetta.

(Dante Alighieri, “Divina Commedia”, inferno, canto XXI, par.127-139)

Diarrea.

Da lunedì 22 agosto (2016) ho la diarrea. Durata: 5 giorni. Livello di liquidità: acuto. Numero scariche: più o meno 10 alla notte, più o meno altrettante di giorno, con un po’ di tregua la mattina e la sera. Con la paura di una disidratazione bevo molto più del solito con l’effetto di riempirmi d’acqua la pancia (sembro letteralmente un pallone), e con la paura che ogni emissione d’aria abbia poi la “sorpresa” o sia “aria pesante” trattengo, aumentando l’effetto “mongolfiera”. C'è anche da dire che essendo il bagno al piano superiore trattengo molto di più di quanto farei... non dimenticate che con una gamba non sono, scusate il gioco di parole, in gamba. Mangio carote e patate bollite da lunedì, con del riso integrale, oppure del nasello o dello sgombro. La mattina del thè con 4 fette biscottate e una banana. Mancano solo due settimane di terapie, devo tenere duro, fino ad adesso è andato tutto bene, a parte un’altra crisi epilettica, alla quale abbiamo risposto con un raddoppio della dose di cortisone per disinfiammare la zona del cervello che le provoca. Non ho nausee o vomito. Bene. Dopo averne parlato con la dottoressa e provato con l’Imodium (effetto mongolfiera: acutissimo) mi prescrive, venerdì, un antibiotico. È finita. Mi sta dando tregua da stanotte ad ora che sono le 12.36. Stanotte ho sognato di essere un dromedario con la gobba sul davanti a passeggio per un’oasi nel deserto. Sono molto debilitato, stanco, zoppico molto di più di quando sono uscito da Rodello, fatico a parlare, e in pratica ho avuto una grande regressione.

("...semo in una botte de fero!" cit. A.Regolo)


La settimana dopo, l'ultima di “Radio Therapy”, va decisamente meglio. A parte la stanchezza da accumulo non ho più problemi intestinali, vado di corpo regolarmente, passo le giornate sul divano a dormicchiare, e arrivo a venerdì 2 settembre, data della fine del ciclo iniziato il 20 luglio, senza particolari altri inconvenienti se non la debolezza fisica e il ritmo sonno veglia completamente sfasato. Decidiamo di fermarci a Torino ancora una notte, nel frattempo riceviamo la gradita visita di Simone, un amico di Giulia che aveva conosciuto nell'anno che aveva passato a Bratislava. Poi sabato, finalmente, dopo aver radunato le cose accumulate in sei settimane di permanenza torinese, partiamo felici per Alba, col sorriso sulle labbra e un po' di stanchezza. Siamo felici ma tanto stanchi tutti e due. Abbiamo da scaricare la tensione di quattro mesi tra ospedali, cure, visite, e abbiamo finalmente davanti a noi un mese intero di vacanza. Fino al 29 settembre, data della risonanza infatti non ci saranno impegni, e non vediamo l'ora di progettare queste vacanze. Unico rammarico: finire questo capitolo del racconto con una storia che parla, sotto sotto, di merda.






...Su questo sogno ci ho scritto questo pezzo...

"Un'aria mediorientale su un ritmo zoppo..."


mercoledì 23 agosto 2017

le dita dei piedi



RIECCOMI!

Dopo un mese eccomi qui!



(Ricordo che ogni tumore è a sé, questa è la mia esperienza, non può e non deve essere presa come una sorta di "manuale per sopravvivere ad un tumore al cervello", questa è la MIA storia, se volete leggerla mi fa piacere. Le parole sono di più o meno un anno fa, nel frattempo non sono mancati momenti di sconforto, depressione, malesseri fisici o psicologici, non è tutto rose e fiori anche se sei sempre col sorriso magari dentro nascondi un tarlo che ti rode e prima o poi esce... ma questo è un altro capitolo... andiamo con ordine!)










da LE DITA DEI PIEDI


“[…] Ma che diavolo succede?

Che razza di dita sono queste

che non gliene frega più niente di niente?

Ma sono ancora le mie

dita? Si sono forse scordate

i vecchi tempi, che cosa voleva dire
esser vive allora? Sempre in prima
fila, sempre le prime a scendere sulla pista da ballo
appena attaccava la musica.”

(Raymond Carver, trad. di Riccardo Duranti)


Le dita dei piedi.

13 agosto 2016. Stanotte, dopo un durissimo allenamento, mi si sono riattivate le dita del piede. Ora: vale la pena spendere qualche riga su come avviene questa riattivazione. O per lo meno cosa ci ho capito io. Le mappe premotorie fungono da attivatori di movimento. In pratica sono il motorino d’avviamento dell’auto, il motore che potenzialmente lavorerebbe anche senza il motorino d’avviamento si mette in moto solo dopo che questo ha dato il via ai lavori. Ora a me questo motorino d’avviamento è stato tolto, per levare parte del tumore. La plasticità del cervello però è talmente grande che sta cercando di trovare un’altra strada per attivare quei muscoli che sono stati privati del “motorino d’avviamento”, altre sinapsi tra i neuroni che possano dare il segnale e comandare i gesti di tutti i giorni. Se la sensibilità al ditone del piede destro (per esempio) mi era del tutto invariata da prima, vederlo e sentirlo ma non riuscire a muoverlo mi faceva incazzare non poco. Allora ho rispolverato quel poco che avevo studiato per l’esame di fisiologia dell’attività psichica (o come diavolo si chiamava…) e mi ricordavo che le mappe mentali si possono allenare anche solo “pensando” al movimento. Ho chiesto poi conferma al mio fisioterapista e anche al mio amico Gabriele, che fa il preparatore atletico ed è sempre aggiornato. È vero. Allora ho cominciato, un muscolo alla volta, ho rimappato pian piano i vari “motorini d’avviamento” trovando nuove vie. E stanotte, le dita dei piedi hanno ripreso a muoversi. Dapprima è un movimento blando, quasi impercettibile, ma faticoso. Poi, preso dall’entusiasmo, dalla felicità, mi sono messo a ridere e ho dimenticato subito come avevo fatto. Cavolo ogni volta la stessa storia. Devo ricominciare, ricordarmi di come avevo fatto (possono volerci giorni…) è più difficile di quanto si possa credere, ma poi riesco. Lo alleno, proprio come un bambino quando esplora il proprio corpo e si guarda le dita della mano muoversi. E così, reimparo il gesto volontario. Sì: volontario perché quello involontario, ad esempio nella ricerca di equilibrio, nella camminata, l’avevo riacquistato già da tempo grazie a Daniele. Era il volontario a mancarmi. Un’altra immagine che mi viene in mente per descrivere questa cosa è quella di un bosco dove sono spariti i sentieri. Un bosco tornato selvaggio tutto d’un tratto. Dove vanno segnati ed esplorate nuove vie, che conducano agli obbiettivi (una fontana, una baita, un ruscello) e dapprima tenti a caso, esplorando delle tracce, poi quando impari la strada la fai più volte e la batti, la allarghi, ne fai poi una strada di terra battuta, la asfalti, la rendi così solida da poterla dimenticare perché consolidata dal tempo. Non è detto che quando sia solo un sentiero poi non possa salire la nebbia, e lasciare che la natura lo nasconda ancora e tu debba riprendere la ricerca un’altra volta. Questo è quello che è accaduto ad esempio con la regressione dovuta alle radioterapie, avevo scoperto il sentiero per le dita dei piedi, ma non era così tracciato ancora, che l’infiammazione ai tessuti attorno al tumore, dovuta proprio alle radioterapie, ne ha fatto alzare la “nebbia”, e ho perso quel sentiero. Assurdo no? Il cervello… Che macchina complessa e affascinante...

(Fin dall'inizio mi son detto di vivere questo evento come un'opportunità di crescita. Ecco "opportunity")
Trovate tutto il disco qui:


Un dono!

Solo perché uno ha un cancro non è che abbia sempre ragione. Cioè se Salvini avesse un cancro sarebbe pur sempre Salvini. Se Hitler avesse a...